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pxrouge FILM REVIEWS I EISENSTEIN IN MEXICO, Peter GREENAWAY I FRANCESCA LAMPREDI I 2015

EISENSTEIN IN MEXICO

Peter Greenaway

 

 

 

FRANCESCA LAMPREDI

"Eisenstein in Mexico", Peter Greenaway

Eisenstein in Mexico Peter Greenaway

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Peter Greenaway realizza con Eisenstein in Mexico il film più pop della sua carriera cinematografica.


Sergej Eisenstein è un immenso punto di riferimento per il regista gallese, sin da quando a 17 anni guarda per la prima volta Sciopero. Greenaway non è influenzato dal regista de La corazzata potemkin solo cinematograficamente, ma questo diventa il soggetto della sua prima mostra nel 1964  con il titolo di Eisenstein at the winter palace,  a cui alluderà nel corso di tutta la durata del film, lasciando dei piccoli indizi, come le briciole di Hans e Gretel.


Il film è basato su infinità di queste  briciole da ricomporre. Seppur più leggibile narrativamente dell’indecifrabile Le valige di Tulse Luper, anche con Eisenstein in Mexico ci troviamo di fronte ad un labirinto borgesiano, dove le sciarade diventano più esplicite che precedentemente, ma dove è possibile fraintendere e smarrirsi. Eisenstein in Mexico ricostruisce i 10 giorni che il regista sovietico trascorre a Guanajuato, che vengono definiti dal regista parafrasando il titolo statunitense di Ottobre: ovvero i 10 giorni che sconvolsero il mondo prima della rivoluzione. Se la rivoluzione russa muta radicalmente  un macrocosmo, il soggiorno messicano scombina il microcosmo del regista: la sua singola vita.


Sergej ci viene rappresentato come un bambino naif ed estravagante, vestito di bianco, elemento cromatico che si ripete già nei film degli anni ottanta, in quel contrasto dicotomico tra il nero, indossato dal Neville di Compton House e il bianco degli ospiti delle tenuta. Se il disegnatore de I Misteri del giardino di Compton House vestiva di nero per mostrare la sua estraneità alla vicenda e all’ambiente, Eisenstein veste un completo bianco regalatogli da Chaplin per dimostrare non solo  quanto anche lui sia estraneo al Messico, ma per  emanare il suo status di perfetto outsider: rosso, ebreo e omosessuale.

Greenaway descrive con tonalità al di fuori del realismo biografico, l’iniziazione sessuale di un uomo di 33 anni, che riesce ad innamorarsi della sua guida locale: Palomino  Cañedo. La tematica centrale del film  torna ad essere, come in tutti i film del regista, a partire dalle sue sperimentazioni giovanili: il sesso e la morte.
Ci sono infatti, secondo Greenaway, solo due certezze nell’esistenza umana: l’uomo nasce attraverso la copulazione di due esseri umani a lui  precedenti e  questo è destinato alla morte. Eisenstein diventa il portavoce di questa considerazione, dialogando con il suo amante.
Sergej arriva in Mexico per girare un film, Viva el mexico ma l’attività creativa nasce da una frustrazione e lui innamorato e felice non è in grado di portare a compimento l’opera.  Così il sesso, rappresentato in scene molto esplicite come un connubio tra dolore e divertimento, diventa “la morte” dell’Eisenstein creativo, che però anni dopo riesce a realizzare due capolavori come Alexander nevsky e Ivan il terribile, perché lontano dalla fonte della sua felicità: il sesso,  l’amore e il Messico.

 

Peter Greenaway

Peter Greenaway

Trailer

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Quindi Eisenstein muore due volte: “creativamente” mentre è con l’amante e “fisicamente” quando se ne distacca, tornando in grado di creare capolavori cinematografici  ma morendo a soli 50 anni. In entrambi i casi è un uomo perduto.


Greenaway presenta  anche in questo film numerose  citazioni storico artistiche, che rimandano ai suoi film precedenti: in una scena compare il ritratto di Andrea doria di bronzino, fonte fondamentale ne Il ventre dell’architetto.  Allusioni anche alle immagini allegoriche, attraverso il regista sovietico che getta le scarpe, seguendo l’iconografia della donna perduta come ne Lo zoo di venere con Venere di milo che toglie il tacco a spillo per entrare nella gabbia delle zebre da cui non ne uscirà in vita.


Manierista anche la messa in scena con carrellate, polivisione,  name dropping che non smentiscono il nome di Greenaway, il cui effetto visivo però sente la mancanza di un grande  direttore della fotografia come  Sascha vierny, scomparso nel 2002.
In conclusione Eisenstein in Mexico non è il capolavoro di Peter Greenaway ma è comunque  uno dei film più interessanti della stagione passata. Potrebbe meritare un sequel nel 2016.

 

 

 

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EISENSTEIN IN MEXICO, Peter Greenaway

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Eisenstein in Mexico Peter Greenaway
 
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