Il nuovo film di Baltazar Kormàkur apre con la sua anteprima la 72° mostra del Cinema di Venezia.
Everest narra una storia vera, quella delle due spedizioni, una organizzata dalla neozelandese Adventure Consultants e l’altra dall’americana Mountain Madness, che si preparano a far scalare il monte Everest ai loro clienti. Le due squadre sono guidate rispettivamente da Rob Hall, prudente e premuroso, che ben presto diventerà padre di famiglia, e da Scott Fischer, un’ alpinista un po’ eccentrico, estremamente disponibile ma portato a sottovalutare i propri limiti.
Chiaramente la superficialità dei promotori, da cui deriva la mancanza di organizzazione necessaria ad affrontare gli imprevisti, unita ad una natura indifferente sul destino dell’uomo di stampo leopardiano sono gli elementi che portano alla costruzione dell’intreccio di un classico Survival movie. Ne consegue quindi una tragedia con una tremenda perdita di uomini.
"Everest" di Baltazar Kormakur |
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Lo spettatore percepisce la difficoltà dell’impresa e ne è coinvolto: coglie, infatti, l’immensa fatica a cui questi uomini si sottopongono, e il loro dolore fisico: più essi avanzano più il loro corpo li abbandona. E ciò nonostante, egli rimane piuttosto freddo, poco empatico, di fronte alle motivazioni che spingono i due gruppi a (di questi sul perché) compiere un’ esperienza così rischiosa ed impegnativa.
Alla domanda perché scalare l’Everest si ottengono poche risposte: c’è chi lo fa per aggiungere un ulteriore tassello alla lista delle vette più importanti da scalare, chi vuol dimostrare ad una classe di bambini che un uomo normale può arrampicarsi sulla montagna più alta della terra, offrendo così un messaggio di speranza : l’uomo impegnandosi può ottenere ciò che desidera. E chi (invece) , infine, si sente incompreso e frustrato ed è solo attraverso la sfida con la natura che può realizzare sé stesso.
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Trailer |
Risposte che suggeriscono quanto l’atteggiamento umano abbia bisogno di un confronto con l’ambiente naturale, e quanto “scalare una montagna” equivalga a mettersi alla prova, a purificare il proprio spirito. Una visione quindi assolutamente romantica, come ironicamente suggeriva Heine ne “ Il viaggio dello Harz” nella magistrale parodia sull’ascesa al monte Brocken. Peccato che la realtà riesca a farsi beffa dell’uomo, rivelando anche a coloro che riusciranno a sopravvivere la propria fragilità. Insomma la domanda che pervade lo spettatore per tutta la durata del film è un semplice “ Ma chi glielo ha fatto fare?” Un film crudo, dove non ci sono eroi, solo uomini fragili ed un grande cast.
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