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FESTIVAL DI CANNES 2015

 

Speciale Italia à Cannes III

Youth di Paolo Sorrentino

 

 

Di Francesca LAMPREDI

"Youth" di Paolo Sorrentino

Youth" di Paolo Sorrentino

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Youth nasce a due anni di distanza dal suo film più discusso, e che risultò vincitore del premio Oscar come miglior film straniero,  appunto La grande bellezza.  Anche stavolta  il regista lascia spiazzata  la critica: Sorrentino o lo si ama o lo si odia.
Come nel suo secondo  lungometraggio, Le conseguenze dell’amore, il regista torna ad ambientare il suo film in una struttura ricettiva.  Non è l’albergo minimalista e asettico dove Toni Servillo trascorre gli otto anni della sua vita in una routine di gesti ripetitivi,  ma un Grand Hotel di lusso, anch’esso in Svizzera, in un ambientazione quasi bucolica e non nella fredda Lugano.  Lo Schatzalp Hotel rimanda inevitabilmente al sanatorio che Tomas Mann inserisce ne “ La montagna incantata”, acquisendone la stessa funzione.  Nel sanatorio di lusso sembra che il tempo rimanga sospeso, oltre a massaggi con pietre incandescenti, bagni termali e check up, anche l’anima dei personaggi tenta una disintossicazione, un’epurazione dalle delusioni e dalle disillusioni della  vita. Lo Schatzalp Hotel è un limbo, dove si trovano ospiti, oltre ai due personaggi protagonisti Fred e Mick, oramai nel pieno della senilità,  anche altre figure immobilizzate nella loro solitudine umana. Tutti risultano imprigionati nella struttura e sembra che abbiano  perso il loro lato umano diventando semplici apparizioni, un po’ come alcuni personaggi allegoria  della decadenza  descritti da Tomas Mann  in  Morte a Venezia.

Forse proprio questi personaggi di contorno sono l’aspetto più interessante del film e del cinema di Sorrentino.

Youth Paolo Sorrentino

"Youth" di Paolo Sorrentino

 

Youth si pone l’obbiettivo di  analizzare  il rapporto antitetico con la vita da parte dei due anziani protagonisti: Mick Boyle, interpretato da Harvey Keitel,  e Fred Ballinger, i cui panni sono indossati alla perfezione da Michael Caine. Il primo è un regista sempre attivo nonostante i suoi anni,  che si trova lì per lavorare insieme ad un equipe di giovani sceneggiatori al suo ultimo film che considera una sorta di testamento e che vuol fare interpretare alla sua attrice feticcio,  Brenda Morel. Mick è un uomo apparentemente vivace ed energico, sembra l’antitesi dell’amico Fred Ballinger. Quest’ultimo risulta eccessivamente indifferente e stanco,  non riesce a relazionarsi con l’esterno, neanche con la figlia, interpretata dalla bella Rachel Weisz,  tradita dal marito per una celebre pop star di nome Paloma Faith.  Fred  è oramai a riposo dalla sua attività di musicista e la sua (apparente )  apatia sembra perfino portarlo a  rifiutare  l’invito di suonare per la Regina d’Inghilterra. Il suo atteggiamento intollerante  diventa bersaglio  delle critiche  della figlia che trova la sua figura genitoriale  e quella  di coniuge  fortemente discutibili .

trailer Trailer
Se (apparentemente) Fred sembra aver fallito ogni aspetto della sua esistenza, in realtà ciò vale anche per  Mick. Quest’ultimo  è  in grado di vivere solo attraverso la sua arte che purtroppo si rivela, con il passare degli anni,  essere mediocre. Al di fuori di essa, egli  è incapace di comunicare con il figlio ed è  solo in grado  di contemplare le sinuose forme di Miss Universo,  l’amore giovanile sbocciato tra due suoi collaboratori,  e ricreare una posticcia imitazione del suo più grande amore di tutti i tempi,  Gilda Black, rimasto incompiuto.

Il titolo del film rimanda alla giovinezza, che è quello stadio di attaccamento alla vita, quella capacità di vivere e non di sopravvivere, che diventa un elemento di riscatto non solo nei personaggi lontani dalla vecchiaia, ma anche in chi oramai sembra più vicino ad uno stadio terminale.
Paolo Sorrentino realizza un film difficile, minore rispetto alla grandezza del minimalismo de Le conseguenze dell’amore, suo indiscusso capolavoro, dove i silenzi regalavano al film un equilibrio, qua perduto in un eccessivo sovraccarico visivo che sfiora il kitsch de La grande bellezza e nella retorica enunciazione di aforismi che si pongono l’obbiettivo di svelare la simbologia oscura del film che meriterebbe invece di rimanere nell’ombra.  Resta comunque un film interessante e ricco di sfumature di uno dei registi più promettenti del panorama italiano.

 



 

 

 

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68. FESTIVAL DI CANNES 2015

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13 - 24 / 05 / 2015

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