Matteo Garrone mette in scena tre delle 50 fiabe raccolte ne “Lo cunto de li cunti ” di Giambattista Basile. L’opera, redatta in lingua napoletana, viene pubblicata nella metà del XVII secolo con la funzione di intrattenimento cortigiano.
Il film seppure ambientato in un tempo indefinito, e quindi astorico, contiene elementi di rimando al seicento spagnolo: la rielaborazione delle vesti, sia pure con le molte libertà prese dal costumista fiorentino Massimo Cantini Parrini ( allievo del geniale Piero Tosi), e le architetture moresche del Castello di Samezzano di Reggello.
Le tre storie riguardano tre diversi sovrani e tre diversi regni. Garrone ha selezionato dall’opera di Basile: “ La cerva”, “ La vecchia scorticata” e “ La pulce. Intersecandole, formano un gioco di scatole cinesi, di rimandi e di doppi.
Una bella ed egoista regina, interpretata da Salma Hayek, segue alla regola la profezia del negromante per avere un figlio: “ Una nascita equivale alla morte di qualcuno”. Due morti seguono alla nascita di due spettrali gemelli concepiti da due madri diverse: appunto la regina e un’amabile serva vergine. Due mondi antitetici su cui però avrà una funesta conseguenza chi cercherà di “separare l’inseparabile” unione dei gemelli.
Un goffo ed assente re, impersonato da Toby Jones, trascura la bionda figlia per una pulce che fa crescere e diventare gigantesca. L’animale diventa pian piano una fittizia sostituzione della ragazza, oramai adolescente, dalla quale il padre dovrà distaccarsi a breve, trovandole marito. Quando l’insetto viene a mancare, il re escogita un enigma apparentemente impossibile da risolvere per non far sposare la figlia, e farla restare sotto la sua protezione.
Un re affascinante e libertino, a cui presta il volto Vincent Cassel, si innamora della splendida voce di una donna incappucciata. In realtà il corpo che ospita quella voce incantevole appartiene ad una filatrice, la sporca e decrepita Dora che abita con la sorella gemella, Imma, segregata nelle mura domestiche. Dora cercherà di trarre in inganno il re facendosi credere una giovane pulzella.
"Il racconto dei racconti" di Matteo Garrone |
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L’operazione del regista è tutt’altro che superficiale. Crea una summa della fabulae e del mythos. Della prima ne riprende la maggior parte degli aspetti come i personaggi fantastici ( il drago, la pulce gigantesca, l’orco, il negromante), le ambientazioni ( ad esempio il labirinto) e gli avvenimenti assolutamente inverosimili con la finalità di sottolineare le debolezze dell’anima umana e le sue virtù. Del mythos cita Amore e Psiche, ma anche personaggi biblici, come i nomi dei due gemelli che rimandano ai profeti Giona ed Elia e la splendida Viola con la testa dell’orco avvolta in uno straccio, perfetta nelle vesti di Giuditta. In quest’ultima rappresentazione, Matteo Garrone sembra richiamare una celebre opera ubicata agli Uffizi, appunto la Giuditta di Sandro Botticelli. Il regista coniugando questi aspetti ricrea l’universo della tradizione orale popolare che attinge dai miti greci, dalla bibbia, dalla fiaba, e che diventa spettacolo di meraviglia, narrato da attori che animano corti e piazze: antenato ancestrale del più moderno cinema.
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Inoltre, le fiabe da lui selezionate rimandano anche ad una tematica analizzata da Vladimir Propp: il rito di iniziazione. I gemelli e la bella Viola si trovano di fronte ad imprese e sfide che affrontano nel 16esimo anno di età per essere condotti verso la loro maturazione. Per quanto riguarda il caso di Dora, avviene un percorso inverso: viene trasformata in una splendida 16enne dai capelli rossi. Sembra che anche lei abbia affrontato l’oscurità dei mali, ma è solo una farsa. L’egoismo della donna nel voler trascurare la sorella, nel corrompere il re è pari a quello della regina madre di Elia e del re invaghito dalla pulce, e per questo merita appunto di essere punita.
Ottima anche la scelta musicale, affidata al compositore Alexander Desplat, autore della colonna sonora di “Grand Budapest Hotel”. Possiamo affermare che stavolta Matteo Garrone ha superato Nanni Moretti e Paolo Sorrentino con quest’opera dal vastissimo contenuto.
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"Il racconto dei racconti" di Matteo Garrone
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