"Mia madre” è stato premiato al 68esimo festival dalla giuria ecumenica per l’eleganza e l’ironia nella trattazione di una tematica così difficile: il lutto della genitrice, di colei che ci ha dato la vita.
Moretti ne tratta il tema accompagnato dalla sacralità della musica di Arvo parth, eccezionale compositore estone.
"Mia Madre", Nanni Moretti |
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Margherita è una donna completamente assorbita dalla realizzazione del suo ultimo film, una mediocre rappresentazione della lotta operaia ai tempi della crisi, dove recita come proprietario della fabbrica un eccentrico attore italo americano, interpretato dal brillante John Torturro. Il film risulta nella sua messa in scena eccessivo, pacchiano, come il trucco delle comparse scelte per interpretare alcuni operai e la recitazione del protagonista. I personaggi non sono credibili, non riescono a mantenere “ l’attore accanto al personaggio” ed inoltre il film non riesce a rappresentare la gravità dell’attuale periodo economico, ma serve come scenario di una crisi ben più profonda, quella esistenziale, quella individuale. In “Mia madre” i gruppi di operai in lotta sono solo una costruzione, appunto fittizia e mal riuscita, non esistono nella realtà.
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Si tratta di persone sole, che non vedono gli altri, fortemente individualiste e disorientate, incapaci di interagire con l’esterno. Moretti rappresenta quindi il cinema in un contrasto dicotomico con la vita reale. Il regista di “Aprile” usa la protagonista come suo alter ego per raccontare la morte del cinema. Un mondo che non riesce più a comunicare e che non ha più alcun senso, pacchiano simulacro della vita.
Margherita ha difficoltà a relazionarsi con il mondo esterno: non riesce a spiegare alla figlia perché deve studiare il latino; vuole essere indipendente dall’ amante e non riesce ad accettare che la madre si trovi in uno stadio oramai terminale. A differenza del fratello, interpretato da uno sfuggente Nanni Moretti, che magari pecca di un’eccessiva sudditanza, non vede gli altri e rimane ancorata al limbo della sua esistenza. La madre invece, di cui veste i panni Giulia Lazzarini, è oramai il fantasma di una generazione estinta, ex professoressa di latino, si prendeva cura dei suoi studenti come se fossero i suoi figli, al punto di riceverli dopo tanti anni in un fugace pomeriggio. Una figura fantasma che resta sconosciuta agli occhi della figlia anche post mortem e che conserva una certa sacralità.
“Mia madre” non è solo un film sulla morte, ma soprattutto sulla disillusione, sulla stanchezza e sull’incapacità di comunicazione. L’attore italo-americano dura la stessa fatica nell’apprendimento delle poche e prevedibili battute del copione del film di Margherita e degli altri personaggi quando tentano di relazionarsi. L’esistenzialismo morettiano viene immortalato nella sua sospensione temporale, non ci sono rimedi, né cure né colpi di scena. Nanni Moretti ha voluto raccontare la sua esperienza, dopo aver vissuto la morte della madre durante le riprese di“Habemus Papam”. |
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"Mia Madre", Nanni Moretti
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