Sfortunata la undicesima edizione del Lucca Festival per l’assenza del protagonista David Cronenberg motivata purtroppo dai suoi gravi problemi di salute. Interessanti le tre mostre: “Evolution” e “Mr Butterfly”, curate da Piers Handling, direttore del Toronto International Festival, e da Noah Cowan con costumi, oggetti scenografici che costituiscono un percorso visivo e didattico nella cinematografia del regista canadese, e “Red Cars” che prende il titolo dal progetto mai realizzato di Cronenberg di un film che doveva avere come soggetto proprio la Ferrari. Riuscita anche la retrospettiva inaugurata da “Shivers”, successivo a “Stereo” e “Crimes of the future”, che insieme a questi getta le basi per lo sviluppo della grammatica cronenberghiana, caratterizzata dall’attrazione per la contaminazione fisica: Il corpo materico che ammalandosi perde il suo substrato esistenziale: l’intelletto. I virus per Cronenberg sono da opporre alla vita: “ non hanno vita, non hanno amore, non hanno passione, sono cose meccaniche.” Il regista si evolve addentrandosi dentro la psiche del personaggio che subisce attraverso la scienza la distruzione e la contaminazione del suo corpo, della sua carne. Un esempio è il cult “la Mosca” ma anche “Il pasto nudo” e “Crash” dove il regista si interessa alla perdita di contatto con il reale attraverso allucinazioni o perversioni. Questi film, come suggerisce Jeremy Irons durante la sua lezione, costituiscono lo scheletro della cinematografia di David Cronenberg. Sono ossa che si incastrano insieme generando un corpo al cui interno vi è l’esistenza umana. Dalla dissoluzione del corpo si addentra poi all’interno della psiche umana. L’esistenzialismo dei suoi personaggi diventa tematica prediletta dal regista e l’ asse centrale degli ultimi film come “Cosmopolis”.
Oltre a David Cronenberg, protagonista centrale che riesce ad essere costantemente presente anche nella sua assenza, ci sono anche altri interessanti ospiti.
Terry Gilliam |
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Il vivace e visionario Terry Gilliam che presenta “The Zero Theorem” non ancora in distribuzione in Italia e summa della sua cinematografia che vede il suo incipit nel medioevale” Jabberwockly”, dove il famelico mostro rappresenta la burocrazia che opprime il suo popolo e che si amplia nel celebre “Brazil”. Gilliam sorride nel ricordare i suoi esordi come cartoonista e quel fotoromanzo dove un borghese, interpretato da John Clees , si innamora della bambola Barbie della figlia che fu galeotto per farlo entrare nei Monty Python. Nella sua lezione al Teatro del Giglio rivela di non aver mai fatto una scuola di cinema, ma di aver imparato a fare cinema solo attraverso i film che guardava: “ Mi sono reso conto di essere diventato un regista quando ho letto il mio nome nei titoli di coda.” Per Gilliam esistono due tipi di registi: quelli che fanno i film per diventare ricchi e quindi seguendo gli accordi e i voleri della produzione e quelli che fanno i film che vogliono fare, come lui e apre una parentesi sui grandi problemi che ha avuto con la produzione di “I fratelli Grimm e la strega meravigliosa.”
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Alfonso Cuàron si trova in questo interstizio: rispecchia il volere delle grandi case di produzione realizzando film che apparentemente potrebbero sembrare di “puro intrattenimento”, quando nascondono al loro interno tematiche ben più profonde oltre al virtuosismo e alla perfetta cura dell’immagine, grazie alla collaborazione con Emmanuel Lubezky. Premiato alla carriera per “I figli degli uomini”, ritratto di un futuro distopico caratterizzato dallo smarrimento di valori, dalla sopravvivenza. Quest’ultima è una delle tematiche che caratterizza anche il film che lo ricorda meglio: “Gravity”, ultrapremiato agli Oscar come migliore regia, miglior montaggio e migliori effetti speciali. Si preenta come una riflessione sul senso della vita, sulla capacità di lottare di fronte al pericolo, alle avversità naturali, ma lo spazio diventa anche un non-luogo dove conoscere se stessi nel modo più profondo. |
Anti-narrativo e inafferrabile è invece Roberto Nanni. Il regista bolognese crea un cinema di immagini emotive, che preferisce definire “di realismo soggettivo”. Una breve retrospettiva è dedicata alla sua intensa filmografia, tra cui il poetico “Luce riflessa restituita alla notte/nazca”, che vede una forte influenza della potenza visiva di Stan Breakhage.
Il festival si conclude con la consegna del premio alla carriera a Matteo Garrone e la proiezione del celebre "L’imbalsamatore”, film che riprende le vicende di cronaca nera del “nano di Termini” e sviluppa la tematica dell’ossessione verso una bellezza inafferrabile.
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