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pxrouge FESTIVAL REVIEWS I 58. LONDON FILM FESTIVAL, BFI I DI GIOVANNI OTTONE I 2014

Cinema di qualità al London Film Festival 2014

Miglior film a
“Leviathan”, di Andrey Zvyagintsev
Miglior regista di opera prima a
Myroslav Slaboshpytskiy per “The Tribe”
Miglir documentario a
“Silvered water, Syria self-portrait”, di Ossama Mohammed e Wiam Simav Bedirxan

DI GIOVANNI OTTONE

"The Imitation Game", Morten Tyldum

The Imitation Game Morten Tyldum

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La 58.edizione del “BFI London Film Festival (LFF)”, svoltasi dall’8 al 19 ottobre, è stata inaugurata da "The imitation game", un avvincente dramma, diretto dal norvegese Morten Tyldum,  che ricostruisce la complessa vicenda umana di Alan Turing, il matematico britannico pioniere dei computer. Un uomo che, durante la II Guerra Mondiale, decifrò il codice Enigma usato dai nazisti per comunicare, favorendo la vittoria delle Forze Alleate, ma che negli anni ’50 subì un odioso processo a causa della sua omosessualità. "Fury", dell’americano  David Ayer, ha concluso il Festival. Si tratta di un convincente film di guerra, con eccellenti coreografie e sequenze d’azione, ambientato nel 1945 durante gli ultimi mesi dell’offensiva delle truppe anglo-americane in Germania contro i nazisti e interpretato da un cast che comprende, tra gli altri, Brad Pitt, Shia LaBeouf e Michael Peña.

Il LFF è il più importante Festival cinematografico che si svolge in un’area metropolitana in Europa ed è da sempre rivolto al pubblico. Peraltro costituisce anche un notevole trampolino di lancio, a livello continentale, per la distribuzione commerciale di diversi film d’autore già presentati e/o premiati in altri importanti Festivals del 2014, tra cui Sundance, Berlino, Cannes, Toronto e Venezia. Anche quest’anno il programma è stata ampio, avendo presentato ben 247 lungometraggi features films e 148 cortometraggi, prodotti da 82 Paesi. La qualificazione internazionale viene anche da altri datirilevanti: 17 World Premières, 9 International Premières e 35 European Premières, nell’ambito dei lungometraggi.

Leviathan Andrey Zvyagintsev

"Leviathan" Andrey Zvyagintsev

 

 

I tre film vincitori delle sezioni competitive sono stati tutti presentati al Festival di Cannes di quest’anno. Leviathan, del russo Andrey Zvyagintsev, ha ottenuto il Premio quale miglior film del concorso ufficiale. È un eccellente dramma esistenziale, con esiti tragici, da cui emerge la corruzione presente in Russia anche nel sistema di potere periferico. L’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, regista di "The tribe", ha ricevuto il Sutherland Award, Premio al miglior regista, nella competizione riservata alle opere prime. È un dramma-thriller privo di dialoghi perché tutti i personaggi sono sordomuti e si esprimono con il linguaggio dei segni, purtroppo incomprensibile per lo spettatore ordinario: audace, ma discutibile. Il Grierson Award per il miglior documentario è andato a "Silvered water, Syria self-portrait", dei siriani Ossama Mohammed e Wiam Simav Bedirxan, un coraggioso e poetico ritratto della tragica situazione della Siria dilaniata dalla guerra civile in corso da 3 anni.

Segnaliamo invece i nuovi film più qualitativamente significativi, molti dei quali provenienti dal Festival di Toronto o presentati in anteprima mondiale nelle sezioni “Galas” e “Official Competition”. Men, women and children, del canadese Jason Reitman, con, tra gli altri, Adam Sandler e Jennifer Garner, è una commedia drammatica con un intreccio di relazioni tra adulti e teenagers della classe media americana, tra isolamento emotivo, desideri e impulsi segreti, irresponsabilità e relazioni controverse, mediati dall’uso ed abuso di internet e social networks. Wild, del canadese Jean-Marc Valléeè racconta la vicenda drammatica di una ventenne (Reese Witherspoon), con alle spalle un passato di disgrazie familiari, delusioni affettive, sesso casuale e abuso di droghe, che compie un trekking che dura vari mesi per percorrere le 1100 miglia del Pacific Crest Trail, che costeggia la West Coast americana, dal sud della California al confine con il Canada, tra paesaggi impressionanti, incontri curiosi e devastante introspezione. Testament of youth, del britannico James Kent, con Alicia Vikander, Emily Watson e Anna Chancellor, offre un elegante ed efficace ritratto di una famiglia dell’alta borghesia inglese durante la I Guerra Mondiale quando i giovani rampolli scelgono di lasciare Oxford per impegnarsi nei campi di battaglia. Rosewater, brillante esordio alla regia dell’attore americano Jon Stewart, ricostruisce la storia vera di Maziar Bahari  (Gael Garcia Bernal), un giornalista iraniano stabilitosi a Londra, tornato in Iran durante le elezioni presidenziali del 2009 come reporter della BBC e imprigionato e torturato dal regime durante 118 giorni. The keeping room, del britannico David Barber, con Sam Worthington, è un emozionante thriller, con tinte western, in cui tre donne sole in una fattoria isolata nel South Carolina sono assediate da due soldati yankees che vogliono violentarle e ammazzarle, durante gli ultimi giorni della Guerra Civile Americana. The Duke of Burgundy, del britannico Peter Strickland, è un melodramma, ricco di humour e di insolite atmosfere, che racconta la relazione lesbica tra una ricca e distinta entomologa e la sua vivace domestica, agevolmente impegnate in fantasiosi e calibrati giochi di ruolo.

Citiamo quindi altri notevoli nuovi film d’autore presenti nelle sezioni tematiche non competitive. The world of Kanako, del giapponese Tetsuya Nakashima, è un impressionante revenge thriller con protagonista un bad cop cinquantenne. 1001 grams, del norvegese Bent Hamer, è una deliziosa commedia ricca di humour surreale ambientata tra la Norvegia e Parigi. The strange familiar, del cingalese Maloth Hegoda è un piccolo capolavoro, un dramma psicologico  tra due coniugi trentenni della classe media che continuano a convivere dopo il tradimento della moglie. The dead lands, del neozelandese Toa Fraser, racconta uno spettacolare epico scontro tra due clan di Maori in epoca precoloniale. My old lady,dell’americano Israel Horovitz, con Kevin Kline, Maggie Smith e Kristin Scott Thomas, è un eccellente commedia drammatica, con magnifici dialoghi, ambientata a Parigi. Per gli amanti del cult di genere segnaliamo pure due nuovissimi film. Tokyo Tribe, del giapponese Sion Sono, è un ingegnoso, colorato ed eccessivo, ibrido tra un action movie di gang di Yakuza e un hip-hop musical, con molteplici referenze a Walter Hill, Carpenter, Stone e altri ed è quasi tutto recitato in versi rap. Cub, del belga Jonas Govaerts, è un thriller-horror con creativi spunti splatter, molto originale e divertente, in cui un gruppo di scout accampati in una foresta viene perseguitato da uno psicopatico che ha disseminato trappole mortali.

The Imitation Game Morten Tyldum

"The Imitation Game" Morten Tyldum

 

THE IMITATION GAME di Morten Tyldum
Titolo originale
: The Imitation Game
Sceneggiatura
: Graham Moore
Fotografia
: Oscar Faura
Montaggio
: William Goldenberg
Musica
: Alexandre Desplat
Interpreti
: Bebedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Gode, Rory Kinnear, Mark Strong, Charles Dance, Alex Lawther.
Produzione
: Black Bear Pictures, Bristol Automotive
Distribuzione
: U. K. /  USA 2014 colore, 114’

 

Il drammatico percorso esistenziale di uno scienziato che ha aiutato a sconfiggere i nazisti, ma è stato perseguitato per la sua omosessualità

Vincitore del Premio del Pubblico al Festival di Toronto e opening film al London Film Festival, The imitation game è un avvincente biopic che ripercorre le fasi cruciali della vita di Alan Turing. Uno dei più grandi matematici del secolo scorso, vero precursore, attraverso i suoi studi, della scienza dei computer. E anche il geniale analista di sistemi informativi criptati che riuscì a decifrare il famoso codice Enigma, usato dai nazisti per le loro comunicazioni navali, e che, oggettivamente, diede un apporto decisivo alla vittoria delle Forze Alleate contro Hitler: un fatto tenuto nascosto per anni. Ma Turing era omosessuale e, durante gli anni ’50, in Gran Bretagna, questo fatto era un crimine: fu processato, subì la castrazione chimica e la sua vita ebbe un finale tragico e prematuro.  L’interrogatorio da parte di un detective, nel 1952, è il filo conduttore da cui si dipana il film, che si sviluppa interponendo tre periodi decisivi della vita di Turing (Benedict Cumberbatch). Da un lato il reiterato ricordo degli anni infelici (1926 – 1930) della scuola superiore in collegio, con l’unico sollievo della tenera amicizia con un compagno, Christopher, purtroppo morto a causa della tubercolosi. Dall’altro il centro  della storia, ovvero la febbrile vicenda del piccolo gruppo di matematici e studiosi, scelti nel 1939 dai servizi segreti inglesi tra le migliori menti dell’Università di Cambridge, e guidati da Turing, per unamissione impossibile: decodificare l’impenetrabile segreto di Enigma.

Nella base anonima top secret a Bletchley Park si susseguono i tentativi e le frustranti delusioni. La narrazione fonde con successo la suspence della corsa contro il tempo e incisive analisi dei caratteri dei personaggi. Turing è un tipo introverso, è eccezionale nel ragionamento, ma appare spesso supponente e permaloso e si pone in contrasto con i colleghi e con le gerarchie militari. Trova una vera sintonia solo con Joan Clarke (Keira Knightley), brillante criptoanalista che diventa la sua confidente e gli resta fedele anche quando la loro relazione sentimentale fallisce. Poi Alan inventa e costruisce un enorme congegno elettromeccanico  innovativo denominato “bombe”: è la svolta. Nel 1942, applicando il suo metodo, “Turingery”, sconfigge Enigma. In seguito, nel 1952, a  Manchester dove vive, Turing viene arrestato, e, dopo aver ammesso una relazione omosessuale con un diciannovenne, incriminato per un grae reato contro la pubblica decenza.

The imitation game adatta “Alan Turing: The Enigma”, la biografia di Andrew Hodges, matematico e attivista del gay liberation movement. Morten Tylduum, noto per il suo emozionante action thriller Headhunters (2011), ha costruito un dramma solido e articolato, con una valida ambientazione d’epoca supportata dall’eccellente production design di Maria Djurkovic. Evita largamente i toni solenni o prosaici e confeziona alcuni momenti emozionanti, scene vivaci e deliziosi sprazzi di humour britannico. In qualche sequenza il film manca di intensità e sconta alcuni stereotipi imputabili alla sceneggiatura, ma, nel complesso, risulta efficace. E credibile grazie all’impressionante interpretazione  di Benedict Cumberbatch che evidenzia sia l’acuta intelligenza sia le eccentricità e le complesse pulsioni di Turing che alimentano la sua ambizione, ma, al tempo stesso, provocano il suo isolamento a livello sociale.

 

Morten Tyldum

Morten Tyldum

In aggiunta un ottimo cast di attori in cui spiccano Keira Knightley, Matthew Gode, Mark Strong, Charles Dance e il giovane Alex Lawther px

 

 

 

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58. LONDON FILM FESTIVAL, BFI

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08 - 19 / 10 / 2014

Seminci

The Imitation Game Morten Tyldum

Leviathan Andrey Zvyagintsev

Silver Water

The Tribe

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