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pxrouge FESTIVAL REVIEWS I 62. SAN SEBASTIAN INTERNATIONAL FILM FESTIVAL I DI GIOVANNI OTTONE I 2014

FESTIVAL DI SAN SEBASTIAN 2014

Tormenti durante la crisi

Molte anteprime europee e mondiali di film d’autore e alcune opere prime di talento. Vince “Magical girl” dello spagnolo Carlos Vermut

 

DI GIOVANNI OTTONE

"Magical girl" Carlos Vermut

Magical Girl

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"San Sebastian 62", svoltosi dal 19 al 27 settembre, ha proposto una Sezione Ufficiale competitiva, comprendente 21 lungometraggi, di cui 3  fuori concorso e 7 prime mondiali. Ma ben 13 tra questi film sono stati presentati anteriormente al recente Festival di Toronto. Anche quest’anno si è puntato sulla presenza di divi di Hollywood di prestigio, tra cui Willem Dafoe, John Malkovich, Viggo Mortensen e Jessica Chastain, e latinoamericani, tra cui Ricardo Darín, Leonardo Sbaraglia e Diego Luna. Inoltre i Premi alla carriera sono stati assegnati a due notissimi attori, Denzel Washington e Benicio del Toro, che hanno presentato i loro nuovi film. L’opening film del Festival, The equalizer, dell’americano Antoine Fuqua (già autore del fortunato Training day, che ha fatto vincere l’Oscar a Denzel), è un vengeance thriller, ad alto contenuto action, che adatta un cult TV serial degli anni ’80. Washington interpreta un tipo tranquillo, riservato e metodico, impiegato in un grande magazzino di materiali per l’edilizia. In realtà è un ex agente della CIA, considerato morto. Spinto a difendere una giovane escort, ingaggia una lotta feroce con una gang russa che controlla vari traffici. Nonostante molti stereotipi, il film offre un buon ritmo e accattivanti atmosfere dark. Escobar: Paradise Lost, opera prima dell’attore italiano, radicato negli USA, Andrea Di Stefano, presenta un credibile congegno drammatico. Non è il classico biopic che ricostruisce la vita del più noto e potente trafficante di cocaina colombiano. Pablo Escobar, capo del cosiddetto “cartello di Medellín”, spietato assassino e corruttore, ma anche parlamentare e ambiguo benefattore del popolo, è il protagonista, interpretato da del Toro con accurata efficacia. Per altro la storia, che copre pochi mesi prima della sua volontaria resa alla polizia nel 1991, è raccontata dal punto di vista di Nick, un giovane surfista americano, giunto in Colombia per installare un piccolo resort su una spiaggia e divenuto il fidanzato di Maria, la nipote di Escobar. Uno “yanqui” che si ritrova accolto nella famiglia e costretto a compiere attività pericolosissime.

Citiamo quindi alcune produzioni significative presentate in concorso e fuori concorso.

From what is before

"Samba" Eric Toledano, Olivier Nakache

 

Samba, dei francesi Eric Toledano e Olivier Nakache (già autori del fortunatissimo Intoccabili campione di incassi in Europa nel 2011 – 2012), film di chiusura del Festival, è una gustosa commedia. Un film piuttosto scontato, ma illuminato dal talento di Omar Sy, che interpreta un trentenne lavapiatti africano sans papier, in Francia da 10 anni e destinato all’espulsione, e di Charlotte Gainsbourg, che impersona una manager stressata che svolge volontariato in una ONG che aiuta gli immigrati. The drop, del belga Michaël R. Roskam, premio a Dennis Lehane per la miglior sceneggiatura, è un crime thriller ricco di atmosfere. Al centro della vicenda vi è un bar di Brooklyn, controllato da una gang di ceceni, che funge da deposito occulto di denaro sporco frutto di scommesse clandestine. Ne risulta uno stimolante studio dei caratteri dei protagonisti, interpretati da Tom Hardy, Noomi Rapace, James Gandolfini e Matthias Schoenaerts, in un microcosmo moralmente ambiguo.

Une nouvelle amie, del francese François Ozon, è una commedia agrodolce molto fluida che riecheggia sia George Cukor sia Douglas Sirk. Al centro della vicenda vi è un trentenne che ama talmente le donne al punto da sentirsi più a suo agio in abiti femminili. Rimasto vedovo svilupperà una relazione di assoluta complicità con la migliore amica di sua moglie. Un gioco di apparenze e di macchinazioni divertenti, con una perfetta combinazione di  humour intelligente e di sottile malinconia. Phoenix, del tedesco Christian Petzold, ha ottenuto il Premio dei critici della Giuria della FIPRESCI. È un intenso, elegante e intricato dramma d’epoca che racconta la vicenda di una cantante ebrea sopravvissuta al lager nazista e tornata a Berlino per ritrovare il marito pianista che la crede morta. Eden, della francese Mia Hansen-Love propone un ritratto credibile: l’itinerario esistenziale, dall’adolescenza all’età adulta, di un giovane parigino, tra il 1995 al 2008. Paul diventa un affermato DJ, di musica garage, house e new disco, consuma anni di euforia, tra notti febbrili, cocaina, un memorabile viaggio negli USA e amori contrastati, poi crolla e faticosamente ritrova una malinconica normalità. Tigers, del bosniaco Danis Tanovic, è un intenso dramma di denuncia che ricostruisce la storia vera della presa di coscienza di un giovane informatore farmaceutico, in Pakistan, negli anni ’90. Ingaggiato da una multinazionale di prodotti nutrizionali pediatrici, scopre che quei prodotti, imposti con la propaganda aggressiva e la subornazione dei medici, provocano nefaste conseguenze di mortalità infantile. La voz en off, terzo film del cileno Cristián Jiménez, è una commedia gustosa e intelligente che offre il ritratto di una famiglia della classe media di Valdivia. Un affresco che evidenzia comportamenti bizzarri e un gioco di bugie e piccole ipocrisie tra i genitori e le due figlie trentenni. Peccato che si affastellino troppi temi e alcuni clichés, che il tono risulti un poco superficiale e che i dialoghi siano efficaci solo in parte.

Al contrario non sono mancati film molto negativi. Ne citiamo un paio. A second chance, della danese Susanne Bier, configura una vicenda ben poco credibile, trattata con toni grossolani. Un poliziotto, disperato per la morte inspiegabile del figlia di pochi mesi che ha condotto sua moglie al delirio, sottrae un bambino della stessa età, trascurato dai genitori tossicodipendenti, e lo porta a casa. Le conseguenze tragiche sono enfatizzate con assurde esagerazioni. Ancora una volta Bier descrive personaggi che vivono intensi sconvolgimenti interiori quando sono posti di fronte a scelte difficili in conseguenza di eventi o di incontri fatali. E riconferma la spiccata strumentalità delle situazioni raccontate con loscopo di suscitare facili “emozioni forti” nello spettatore.

 

Cavalo Dinheiro

"A seconde Chance" Susanne Bier

Aire libre, dell’argentina Anahí Berneri, è un dramma che racconta la crisi di una coppia di trentenni della classe media di Buenos Aires. Ma non riesce mai ad emozionare perché incapace di dare spessore ai personaggi. La narrazione risulta noiosa e stanca. La Concha de Oro al miglior film è stata attribuita a Magical girl, dello spagnolo Carlos Vermut, premiato anche con la Concha de Plata al miglior regista. Un dramma - thriller pretenzioso, con suggestioni horror. Racconta la tortuosa relazione, tra ricatto e dominio, tra un uomo, oppresso dal disagio provocato dalla disoccupazione e dal bisogno di assecondare il desiderio della figlia adolescente malata di leucemia, e una donna ricca, con abitudini masochiste, controllata freddamente dal marito psichiatra.

Wild Life

"Wild life" Cédric Kahn

 

Il Premio Speciale della Giuria è andato a Wild life, del francese Cédric Kahn, un dramma, basato su una storia vera. Racconta, con toni enfatici e concitati, la vicenda di un tipo, anarcoide e fanatico ecologista, che entra in conflitto con la moglie che si è stancata della vita nomade. Paco (Mathieu Kassovitz) sottrae i due figli bambini alla custodia della madre, stabilita dal giudice, e li conduce a una vita clandestina fino a stabilirsi in un alpeggio in montagna. Qui i ragazzi crescono liberi, ma pieni di dubbi. La Concha de Plata al miglior attore è stata attribuita a Javier Gutiérrez, co-protagonista di La isla mínima, dello spagnolo Alberto Rodríguez, un cop thriller ambientato nel sud, in un paesino tra le paludi della foce del Guadalquivir, nel 1980, epoca un cui la democrazia spagnola viveva ancora i postumi della dittatura di Franco.

La ricostruzione di epoca è buona, ma la vicenda di assassini seriali di giovani ragazze è trattata con troppi clichés. La Concha de Plata alla miglior attrice è stata assegnata a Paprika Steen, co-protagonista di Silent heart, del veterano danese Bille August, un dramma di stampo teatrale, curato, ma non molto incisivo. Racconta l’ultima riunione di famiglia alla vigilia della scelta dell’anziana madre, affetta da una grave sclerosi laterale amiotrofica, di suicidarsi, ingerendo farmaci procurati dal marito, medico consenziente. Le figlie sono al corrente della tragica decisione del loro genitore, ma faticano ad accettarla.

La sezione competitiva "Nuevos Directores" ha presentato 13 lungometraggi, di cui 8 in anteprima mondiale. Il Premio al miglior film é stato attribuito a Urok (The lesson), opera prima dei bulgari Kristina Grozeva e Petar Valchanov. Il film delinea il ritratto di una seria insegnante trentenne che è costretta ad un’odissea di umiliazioni e infine all’azione illegale. Deve salvare la propria casa  che rischia di essere sequestrata dalla banca a causa del mancato pagamento delle rate del mutuo da parte di suo marito. Un film che evidenzia bene il contesto sociale e le contraddizioni morali e comportamentali della protagonista. La Menzione Speciale è andata a Modris, esordio del lettone Juris Kursietis, che presenta, con una certa efficacia, il fallimentare itinerario di un diciassettenne, pigro, cocciuto e incapace. Un giovane che non esita a derubare sua madre per mantenere la sua dipendenza dai videogiochi d’azzardo.

 

Fidelio

"Urok (The Lesson)" Kristina Grozeva, Petar Valchanov

Da citare un piccolo capolavoro: La madre del cordero, opera prima dei cileni ventenni Rosario Espinosa e Enrique Farías. Un ritratto efficacissimo di una zitella cinquantenne che accudisce l’anziana madre egoista e moralista, essendone vittima. E ancora alcuni film significativi. Limbo, esordio della danese Anne Sofie Hartman, radicata in Germania, offre un interessante ritratto di un piccolo centro rurale e mette a fuoco la relazione tra una giovane insegnante e una sua allieva. Ricco di sfaccettature e alieno da vacui psicologismi, effettua sapienti ellissi narrative e risulta abbastanza emozionante. Name me, opera prima della russa Nagina Sayfullaeva, racconta la storia di Olya e Sasha, due amiche diciassettenni di Mosca che, durante le vacanze estive, si recano in Crimea per visitare il padre della prima. Sergey è un uomo solitaria che non ha mai saputo di avere una figlia. Un dramma che evidenzia molto bene le contraddizioni dei giovani e le relazioni familiari nella Russia contemporanea, tra eccessi di irresponsabilità e di passioni laceranti.

La sezione “Perlas” ha invece compreso film già presentati quest’anno nelle principali sezioni dei Festivals di Berlino, Cannes e Venezia. Tra gli altri citiamo: Bande de filles; César Chavez; Winter sleep; La chambre bleue; Difret, Pasolini; Love is strange; Mommy; Still the water; Black coal, thin ice; The disappearance of Eleanor Rigby; Gett, The trial of Viviane Amsalem; Retour a Ithaque rouge

 

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62. SAN SEBASTIAN INT. FILM FESTIVAL

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19 - 27 / 09 / 2014

San Sebastian International Fim Festival

Magical Girl

Samba

A seconde chance

The Lesson

Wild Life

 

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