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pxrouge FESTIVAL REVIEWS I 61. FESTIVAL DI SAN SEBASTIAN I DI GIOVANNI OTTONE I 2013

Festival di San Sebastian 2013

Relazioni complicate in famiglia

Molte anteprime europee e mondiali di film d’autore della prossima stagione e alcune opere prime di talento

 

 

DI GIOVANNI OTTONE

"Pelo Malo " Mariana Rondon

Pelo Malo

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"San Sebastian 61", svoltosi dal 20 al 28 settembre, ha proposto un’edizione caratterizzata dalla presenza di molti registi ed attori americani ed europei, che hanno accompagnato diversi film in anteprima europea dopo le world premières al Toronto Film Festival di inizio settembre: tra gli altri, Atom Egoyan, Jim Broadbent, Oliver Stone, Bertrand Tavernier, Mathieu Amalric. Tra i suddetti film, citiamo le produzioni più significative (in termini di budget e cast), presentate in concorso, fuori concorso e nella sezione “Perlas”: Futbolín, simpatico cartone animato del regista argentino Juan José Campanella; il film di chiusura, in world première, The Young and prodigious T. S. Spivet, di Jean - Pierre Jeunet, deliziosa storia di un ragazzino, geniale inventore, che vive nel Montana e compie un rocambolesco viaggio fino a Washington per ritirare un prestigioso premio attribuitogli dallo Smithsonian Institute; The face of love, di Arie Posin, dignitoso dramma sentimentale con Annette Bening, Ed Harris e Robin Williams; Dallas Buyers Club, del canadese Jean - Marc Vallée, ricostruzione della storia vera di un elettricista texano, malato di AIDS (interpretato da un magnifico Matthew McConaughey), che, negli anni ’90, lottò contro le grandi compagnie farmaceutiche; Devil’s Knot, di Atom Egoyan, thriller a tinte forti, e piuttosto grossolano, che ricostruisce un terribile caso giudiziario, avvenuto a Memphis circa 10 anni fa, conseguente l’assassinio di tre adolescenti; The Railway Man, dell’australiano Jonathan Teplitzkyy (con Colin Firth, Nicole Kidman e Stellan Skarsg?rd), che rievoca la storia vera di Eric Lomax, ufficiale britannico appassionato di treni che, durante la II Guerra Mondiale, fu catturato dai giapponesi, sottoposto ai lavori forzati in Thailandia e torturato; Enemy, del canadese Denis Villeneuve (con Jake Gyllenhaal e Isabella Rossellini), un enigmatico thriller giocato sul tema del sosia e della doppia identità. Alcuni di questi film sono già usciti o sono di prossima distribuzione negli Stati Uniti. Sono stati inoltre insigniti, con i Premi Donostia alla carriera, due noti attori: l’australiano Hugh Jackman e la spagnola Carmen Maura. Per celebrarli sono stati presentati i due ultimi film di cui sono protagonisti: Prisoners, del canadese Denis Villeneuve (con protagonisti, oltre a Jackman, Jake Gyllenhaal, Maria Bello e Melissa Leo), un oscuro thriller ad alta dose di suspence e Las brujas de Zugarramurdi, dello spagnolo Alex de la Iglesia (con protagonista la Maura), una farsa frenetica e delirante in cui alcuni rapinatori sprovveduti incontrano una congrega di streghe in un villaggio basco.

La "Sezione Ufficiale" competitiva, comprendente 16 lungometraggi, di cui 3 fuori concorso, ha incluso 9 film già presentati anteriormente al recente Festival di Toronto, ma anche 2 world premières. La Concha de Oro al miglior film è stata attribuita a Pelo Malo, terzo film di Mariana Rondón, trentenne peruana, radicata in Venezuela. Purtroppo si tratta di un dramma non riuscito che si svolge a Caracas e racconta la complicata relazione tra una madre proletaria sola e il figlio adolescente che si sente diverso. Un’opera caratterizzata da un’enfasi ambigua, a metà strada tra approccio morboso e voyeur e oscure velleità “politiche” di difesa dei “diversi”. Il Premio Speciale della Giuria è stato assegnato a La herida, dello spagnolo Fernando Franco. È un dramma esistenziale con velleità di fredda stilizzazione, ma in realtà marcatamente televisivo e grossolano. Offre il ritratto di una trentenne, barelliere e conducente di ambulanza, che soffre di una grave depressione autodistruttiva: consuma compulsivamente alcool e droghe, compie atti di auto lesionismo (si tagliuzza le braccia e si spegne le sigarette sulla pelle) e manifesta frequenti scoppi di ira. Un film fatto per impressionare il pubblico, e quindi colmo di rozza retorica. Anche la protagonista, Marian Álvarez, premiata con la Concha de Plata alla miglior attrice, offre un’interpretazione grottescamente sopra le righe e inefficace. La Concha de Plata al miglior regista è andata a Fernando Eimbcke, regista di Club Sándwich che offre l’eccellente ritratto minimalista della relazione tra una madre e un figlio adolescente, con evidenti tratti edipici. È una commedia spiritosa e ricca di contenuti esistenziali e vagamente drammatici, raccontata in forma aneddotica e sospesa, quasi atemporale, caratterizzata da un’affascinante tensione permanente, ma priva di climax, e aliena da tentazioni melò o bozzettistiche. La Concha de Plata al miglior attore è stata attribuita a Jim Broadbent, protagonista di Le week - end, del britannico Roger Michell, magnifico ritratto di una matura coppia di insegnanti inglesi che trascorre un week end a Parigi. I due vorrebbero cercare di ritrovare un’intesa e di rivitalizzare il loro matrimonio. È una commedia brillante, con una notevole caratterizzazione di personaggi non scontati, quantunque ben riconoscibili. Un film sorretto dall’intelligente sceneggiatura di Hanif Kureishi, narrato con un sapiente incastro di temi e suggestioni, punteggiato da uno humour fine e, a tratti, genuinamente esilarante, e interpretato da un ottimo cast di attori. Il Premio della Giuria alla miglior fotografia è stato assegnato a Pau Esteve Birba, per il suo lavoro di direzione della fotografia in Caníbal, del regista spagnolo Manuel Martín Cuenca. Si tratta di un film non riuscito, incerto tra il thriller con tinte horror e il dramma psicologico passionale, prolisso e poco credibile. Il Premio della Giuria alla miglior sceneggiatura è andato a Antonin Baudry, Christophe Blain e Bertrand Tavernier, autori del copione di Quai d’Orsay, dello stesso Tavernier, veterano regista francese. È una satira “politica”, molto intelligente e divertente che racconta con un ritmo frizzante, e qualche eccesso prolisso, l’esperienza di un giovane intellettuale francese chiamato ad essere lo spin doctor di uno scatenato Ministro degli Esteri del suo Paese, narcisista, grottesco e stucchevole. La costante emergenza quotidiana di una grande potenza come la Francia è descritta attraverso il lavorio e i rituali assurdi di uno staff ministeriale pittoresco. Allo stesso film è stato anche attribuito il Premio dei critici della Giuria della FIPRESCI.

La sezione competitiva "Nuevos Directores" (opere prime e seconde) ha presentato 17 lungometraggi, di cui 8 in anteprima mondiale. Il meritato vincitore del Premio al miglior film é stato Of horses and men, opera prima dell’attore e regista islandese Benedikt Erlingsson. Si tratta di una divertente commedia che illustra con uno humour finissimo, tra distacco, understatement e farsa seriosa, le curiose abitudini, e il rapporto con i cavalli selvaggi, degli abitanti una comunità che vive in una zona periferica e selvaggia dell’Islanda. Da citare anche altri 6 film drammatici, di buona qualità presentati in questa sezione: Japanese dog, del rumeno Tudor Cristian Jurgiu; La dune, dell’israeliano Yossi Aviram; Las horas muertas, del messicano Aarón Fernandez; Mother of George, del nigeriano, trapiantato a New York, Andrew Dosunmu; Wolf, dell’olandese Jim Taihuttu; Yozgat Blues, del turco Mahmut Fazil Coskun.

La drammatica relazione tra una madre proletaria sola e il figlio adolescente che si sente diverso 

Pelo Malo

"Pelo Malo" Mariana Rondon

 

Pelo malo, di Mariana Rondón, peruana trapiantata in Venezuela, avrebbe l’intenzione di rappresentare il clima di paura e di intolleranza omofobica presente in Venezuela, una società dove sembrano convivere machismo e una forte traccia matriarcale nell’educazione dei figli. La vicenda si svolge in un barrio proletario di Caracas. Junior (Samuel Lange) è un vivace ragazzino di nove anni, mulatto e con una zazzera di capelli ribelli e riccioluti. Abita con la madre Marta (Samantha Castillo), vedova e recentemente disoccupata, e con il fratello minore, in un enorme caseggiato malandato.Frequenta la scuola controvoglia e vive a contatto con la piccola delinquenza presente nel quartiere. Trascorre le giornate a giocare con una sua amichetta e a fantasticare su chi siano e cosa facciano gli inquilini del casermone di fronte al proprio.

In realtà Junior mostra una fissazione maniacale per il proprio aspetto: desidera ardentemente avere i capelli lisci e assomigliare a un cantante alla moda. Quindi ama ballare davanti allo specchio e assumere pose effeminate. Marta appare costantemente irritata a causa degli atteggiamenti del figlio che, peraltro, la sfida apertamente. Al contrario la nonna paterna, che vive in un appartamento migliore, in una zona meno degradata della città, incentiva le illusioni di Junior. L’anziana donna, che non ama affatto la nuora, sapendo che quest’ultima intrattiene occasionali relazioni con altri uomini per farsi mantenere, tenta il ragazzino con adulazioni e promesse. Un giorno gli cuce un luccicante costume da esibizione. In realtà vorrebbe ottenere che Junior viva con lei. Tra madre e figlio crescono le difficoltà relazionali, con un’alternanza di affetto e insofferenza. Da un lato la descrizione del contesto sociale (disastrato da un quindicennio di governo populista del caudillo Chavéz, che ha distrutto l’economia e armato milizie di delinquenti e corrotti), appare grottescamente pittoresca e di maniera. A questo proposito non sono sufficienti i virtuosismi della fotografia curata da Micaela Cajahuaringa e la studiata e irritante colonna sonora di Camilo Froideval per rendere veridica la durezza della vita quotidiana. Dall’altro Mariana Rondón presenta una relazione madre-figlio caratterizzata da una grossolana problematica pseudo psicoanalitica. Il suo sguardo risulta appesantito perché la crescente tensione drammatica è risolta con un’enfasi ambigua, a metà strada tra approccio morboso e oscure velleità “politiche” di difesa dei “diversi”. Inoltre la caratterizzazione dei personaggi è maldestra e narcisista. Ne risulta che anche la recitazione degli attori risulta poco spontanea, e, a tratti, fastidiosa e sopra le righe, dovendo interpretare ruoli stereotipati. In particolare l’insinuata inclinazione omosessuale di Junior appare poco credibile. Ne deriva un dramma bislacco, frutto di una sceneggiatura giocata su fragili espedienti, scritta dalla stessa regista, con malcelati obiettivi di realizzazione di un cinema “popolare” ad effetto.

La strana complicità tra una madre e il figlio adolescente: una commedia intelligente e sottile  

Club Sándwich è una commedia spiritosa che ripropone il delizioso approccio minimalista che ha caratterizzato i film precedenti di Fernando Eimbcke: Temporada de patos (2004) e Lake Tahoe (2008). Ancora una volta i suoi personaggi appartengono alla classe media e al centro della vicenda vi sono due ragazzi che vivono la confusione tipica degli adolescenti tra amicizia, amore e sesso e, in forma disincantata, alcune frustrazioni. Peraltro, in questo caso, il personaggio di un adulto, vale a dire della madre, una donna sola che ha legato a sé il figlio attraverso una relazione edipica, risulta determinante nella vicenda. La storia è ambientata in un tranquillo e piacevole resort sulla costa marina messicana, nella provincia di Oaxaca. La trentenne Paloma (María Renée Prudencio) e il figlio quindicenne Héctor vi trascorrono una vacanza fuori stagione.  

 

Club Sandwich

"Club Sandwich" Fernando Eimbcke

I due trascorrono le giornate pigramente, sdraiati al bordo della piscina o giocando a carte in camera, scambiandosi battute e impressioni. Si nota che la loro complicità è intensa: sembrano due amici di lunga data o una coppia consolidata. Héctor manifesta un evidente desiderio sessuale, esercitandosi nascostamente nelle comuni pratiche autoerotiche (tra l’altro ama indossare il bikini rosso della madre). Un giorno conosce Jazmín (Danae Reynaud), una coetanea cicciottella e simpatica. Anche lei è in vacanza con i genitori, due tipi anziani taciturni e pittoreschi. I due ragazzi scoprono affinità e in breve iniziano a scambiarsi tenere effusioni e a sperimentare giocosamente i piaceri del sesso. Paloma trascorre molto tempo con loro, tra piccole gite in spiaggia e giochi ameni, cercando di nascondere la gelosia nei confronti di Jazmín. Si tratta di un film apparentemente molto semplice, tre personaggi, uno spazio e un tempo limitati. Non vi sono episodi eclatanti, ma a poco a poco emergono sfumature e importanti temi delineati con sottile intelligenza e humour seducente. Tra i tre protagonisti si sviluppa un gioco di ruoli e di relazioni, di incontri a due e di abbozzi di confessioni intime che fa intuire le loro contraddizioni, senza mai renderle esplicite. Eimbeke racconta la vicenda in forma aneddotica e sospesa, quasi atemporale, e costruisce un’affascinante tensione permanente, priva di climax. Dirige i suoi attori con mano leggera e ottiene un eccellente mosaico di performances interpretative, con una nota di grande merito a María Renée Prudencio. Ne risulta un film ricco di contenuti esistenziali e vagamente drammatici, ma alieno da tentazioni melò e affatto bozzettistico. Scritto dallo stesso regista con uno stile fluido ed essenziale e con dialoghi che oscillano tra spontaneità e understatement, combina leggeri movimenti della cinepresa, piani fissi e piani sequenza, e si avvale della morbida fotografia curata da María Secco.

Il magnifico ritratto di una matura coppia di insegnanti inglesi che trascorre un week end a Parigi 

Le Week End

"Le Week-End" Roger Michell

 

Le week - end è un film ben lontano dalle innumerevoli fiacche commediole dedicate a britannici e yankee in vacanza a Parigi e, soprattutto, evita il classico happy end. I protagonisti sono Nick (Jim Broadbent) e Meg (Lindsay Duncan), due docenti inglesi sessantenni, sposati da trent’anni. Si sono recati a Parigi, il luogo romantico dove avvenne la loro luna di miele, per trascorrere un week end. Sono intenzionati a godere pienamente dei piccoli piaceri di una città che gli anglosassoni considerano diversa e sorprendente. In realtà vorrebbero cercare di ritrovare un’intesa e di rivitalizzare il loro matrimonio, ormai ridotto a una convivenza punteggiata da episodi di insofferenza, dopo che i figli, ormai adulti, si sono resi indipendenti. All’inizio del film arrivano in un modesto alberghetto di Montmartre. Meg lo rifiuta e trascina il riluttante Nick in un hotel prestigioso dove ottengono una suite.

Poi iniziano una felice peregrinazione, girovagando tra bistrot e mercatini e concedendosi ristoranti di ottimo livello. Una sera il conto della cena risulta astronomico e riescono a defilarsi rocambolescamente senza pagarlo. Nel frattempo si scambiano impressioni e sensazioni. Nick annuncia anche il prossimo pensionamento forzoso, costretto dal rettore della facoltà, dopo essersi reso colpevole di una risposta non politically correct nei confronti di una studentessa negra. La vicenda scorre tra tentativi di nuovo corteggiamento da parte di Nick, schermaglie dovute a incomprensioni caratteriali e sprazzi di passionalità oltre il tradizionale understatement britannico. Poi incontrano il cinquantenne Tom (Jeff Goldblum), un vecchio amico yankee di Nick, economista alla moda stabilitosi a Parigi con una nuova moglie molto più giovane. Si recano ad un party nell’appartamento di Tom. Nel corso della serata sono rievocati i loro trascorsi di impegno politico radical, vengono allo scoperto vecchie ruggini e ferite e le ragioni della loro infelicità, ma emerge anche un sentimento d’amore controverso e, nonostante tutti, ancora vitale. Michell, già regista di film gradevoli, con reinterpretazione intelligente di noti stereotipi, quali Notting Hill (1999), The mother (2003) e Hyde Park on Hudson (2012), ha articolato la narrazione costruendo un sapiente incastro di temi e suggestioni, punteggiato da uno humour fine e, a tratti, genuinamente esilarante. Descrive le situazioni con delicatezza e risulta convincente, perché i suoi protagonisti, interpretati con evidente empatia da tre magnifici attori, sono ben riconoscibili, ma non scontati. Un grande merito va alla sceneggiatura di Hanif Kureishi che sviluppa un ardito equilibrio, modulando toni da commedia brillante e incisive analisi dei caratteri dei personaggi. fetto. rouge

 

 

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61. FESTIVAL SAN SEBASTIAN

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20 - 28 / 09 / 2013

San Sebastian

Pelo Malo

Club Sandwich

 

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